Contro l'indifferenza

di Giulia Cundari

Foto A1 indifferenza

Al-Mawasi, 3 gennaio 2024 

 Anche oggi ci siamo svegliati. Lo dico perché mia mamma ci dice sempre, a me e mio fratello, che non è scontato, che dobbiamo essere grati a Dio e ringraziarlo sempre. Perché grazie a Lui anche oggi ci siamo svegliati e siamo sopravvissuti.  

Mio fratello dice che anziché ringraziare Dio dovremmo essere grati ai soldati che ci difendono. Mamma lo sgrida sempre, e papà ride. O almeno rideva, quando era ancora con noi. È da qualche mese che non lo vedo più. Mamma dice che ora lui è tra quelli che ci difendono, che dobbiamo essere fieri di lui. E dobbiamo pregare per lui. Io ci ho provato a chiedere a Dio dov’è mio padre, ma lui non risponde mai. Forse è arrabbiato con me per qualcosa che ho fatto. Forse quando ho rubato quelle caramelle dovevo pensare che Dio se la sarebbe presa.  

Forse è per quella cosa che ora viviamo così. Forse se riportassi le caramelle al signore riavremmo la nostra casa, tornerei a scuola. Così anche papà tornerebbe a casa. Ho provato a dirlo a mio fratello, ma lui ha riso di me.  

Ma ti pare che Dio sta a pensare a te e alle tue caramelle! Se abbiamo perso la casa è solo colpa di quelli là, cretino. 

Quelli là. 

No, impossibile: io a loro non ho mai rubato nessuna caramella, lo giuro. Che motivo avrebbero di farci vivere così 

Continuo a credere che sia Dio a fare tutto questo, mi vuole mettere alla prova, è successo spesso nei testi che ho letto: Dio fa succedere cose brutte così che tu ti avvicini a lui. 

In realtà a me di essere vicino a Dio non importa molto: ho già la mia mamma e il mio papà. Mi bastano loro. Però ora papà non c’è e mamma non la riconosco più. È sempre ansiosa, ha paura di tutto. Io lo so che le donne sono fifone, me lo diceva sempre un mio compagno di scuola, e che sono più deboli degli uomini. Ma mia mamma non lo era mai stata, fifona.  

E vederla così certe volte mi spinge a stringerla vicino a me. Senza dire nulla percepisco che qualcosa non va, ed è colpa mia: labbraccio, e nella stretta voglio farle capire che sistemerò tutto. Mi farò perdonare, Dio è buono e misericordioso: se riporto le caramelle torneremo a casa. 

Ora viviamo in una specie di tenda insieme ad unaltra famiglia. Chissà loro come avranno fatto arrabbiare Dio. Sono un papà con due figli, un maschio e una femmina. Scommetto che è colpa della femmina se Dio è arrabbiato con loro. Mio fratello dice che le femmine creano solo guai. 

La mattina i nostri genitori escono sempre per andare a prendere da mangiare, anche se più di una volta sono tornati a mani vuote. E se cera poco cibo facevamo mangiare mia madre e la bambina, che sono più deboli di noi. Io ci credo che sono più deboli, però anche io morivo di fame certe volte. 

Anche oggi mia madre è uscita. Prego perché trovi qualcosa.  

Che fai?Mi chiede la bambina, Yasmine.  

Prego. 

E a che serve? 

A farmi perdonare da Dio, così torna papà e andiamo a casa. 

Sento mio fratello sbuffare e Yasmine mi guarda confusa. [Ritorno a capo del testo]Tu credi che sei qui per Dio?Si gira verso mio fratello, poi mi guarda. Nessuno ti ha spiegato mai niente?”  

Interviene Karim, mio fratello. Certo che glielo abbiamo spiegato. Almeno un centinaio di volte! Ma ha la testa dura ed è stupido come un mulo. 

Yasmine non risponde e mi guarda in un modo strano. Si siede vicino a me. Mio padre dice che ormai siamo qui e ci rimaniamo per sempre. La nostra casa è andata distrutta, sai? La tua, invece?”  

Alzo le spalle. Io non ho mica fatto una cosa così grave da portare Dio a distruggere la mia casa. Mia mamma dice che questa situazione è temporanea, che torneremo a casa, insieme a papà. 

Suo fratello, Abbes, che di solito sta zitto, prende a parlare. È più grande di noi, se ne sta sempre per i fatti suoi in un angolo. E invece ora parla,  sta guardando me.  

Dobbiamo essere grati di stare qua. Siamo in una zona sicura. Ho sentito gli europei chiamarla zona umanitaria. Non so bene che voglia dire, ma mi sembra sempre meglio rispetto a zona da bombardare.Lo dice sorridendo, ed io di quello che ha detto ho capito poco. Eppure non mi sento per niente sicuro. Lunica parola che mi viene in mente è Qahr. Non so spiegarlo, ma sono pieno di Qahr dentro di me. È più dellangoscia, del dolore che provo. È un sentimento ramificato che condivido con la mia mamma, con mio padre, con mio fratello. E con i miei nonni, anche se non li vedo da tanto.  

Quel sentimento che esplode quando la notte non c’è buio né silenzio. Quando ho fame da star male, quando mi sento così debole che ho paura che se mi addormento non mi sveglio più, e quelle lucciole accecanti, come le chiama mamma, in lontananza fanno tanto rumore e non mi fanno dormire. Perché, nonostante la luce, ho limpressione che sia tutto grigio? Perché ho la sensazione che a casa non ci torneremo mai?  

certe volte vedo mia mamma che prega e piange, mentre pensa che io e Karim dormiamo. E allora questo sentimento si trasforma in un suono un posordo, che fa pensare a una piaga mal cicatrizzata, a un dolore di cui non si pensa di soffrire, ma che si conserva, lenito e ormai familiare, nel profondo del proprio essere. E spesso piango, in silenzio, cullato dal suono sordo dei miei simili che, io lo so anche se nessuno me lo dice, stanno morendo. Anche questa sera sto piangendo. Yasmine è sveglia, mi ha sentito ed è venuta vicino a me. [Ritorno a capo del testo]Safaa, statranquillo. Tornerai a casa, tra poco. Devi solo resistere un altro po.”  

Non è la prima volta che mi scopre a piangere, siamo qua già da settimane, ed io di resistere non ne posso più. 

Io una casa non ce lho più, credi che non lo so? Io di stare così non ce la faccio più. Perché devo ringraziare Dio di essere sopravvissuto? Io non ne posso più di sopravvivere, Yasmine. Prima o poi voglio vivere. 

Yasmine mi accarezza i capelli, come faceva mia mamma prima di tutto questo. Lei mi abbraccia tanto dolcemente che mi fa rammaricare di non essere stato capace di abbracciarti anche io quando potevo, mamma. Yasmine lho sentita così vicina che avrei voluto aggrapparmi a lei: tienimi con te, occupati di me, per favore. [Ritorno a capo del testo]Ho paura anche io, Safaa. Ho una paura che fa paura, Mi dice e sorrido tra le lacrime.  

E sono arrabbiata anche io, come te. Mi chiedo anche io di chi è quella vita che vale più della mia, cos’è quel rispetto per loro che lo toglie a me. Cos’è quel diritto ad esistere che non tiene conto del mio diritto di esistere.Anche lei ha le lacrime agli occhi. Tira su con il naso. 

Ma dobbiamo essere forti. Nessuno ci può togliere il diritto di esistere, Safah, nessuno.  

E torneremo a casa, tutti quanti. Io me ne costruisco una nuova di zecca. Con delle grandi finestre e una camera tutta per me. E lo farai anche tu.Sorride anche lei, mi prende il volto tra le mani, con delicatezza. Anche a lei tremano. Avvicina la testa alla mia. Le fronti si toccano appena. 

Torneremo a casa, te lo prometto, Safaa.Sorride Smetteremo di sopravvivere e torneremo a vivere anche noi. 

Roma, 5 gennaio 2024 

Foto A2 Indifferenza

Amore, dai che facciamo tardi!”  

Arrivo. Ecco.”  

Entra in macchina, dai.”   

Cintura allacciata? Allora si parte." 

accendi la radio, dai”  

Quattordici persone, per la maggior parte bambini e minori, sono state uccise  ieri mattina durante gli attacchi aerei israeliani vicino ad Al-Mawasi, un'area indicata comezona umanitariadalle autorità israeliane, in cui è stato ordinato ai civili di rifugiarsi per la loro sicurezza.    (4 gennaio 2024, fonte Save the children)