Christophe o il posto dell’elemosina di Nicola Russo

di Michelle Pellegrino e Beatrice Finizio

Foto D2 teatro

Al Teatro India di Roma, dal 24 al 28 aprile, è andato in scena “Christophe o il posto dell’elemosina”, uno spettacolo teatrale di Nicola Russo.

L’opera narra la storia di Sami, un barbone che chiede l'elemosina per le strade di Parigi, la cui solitudine viene interrotta quando incontra Nicola, il giovane destinatario delle sue lettere. Ventotto anni dopo, Nicola Russo rilegge quelle lettere e decide di portare in scena la testimonianza poetica e commovente di un uomo dimenticatodalla società.

Siamo a Parigi, nell’estate del 1995. Nicola, un ragazzo italiano di 19 anni è in vacanza nella città dei lumi. Sami,invece, è quasi un ragazzo, all’incirca 28 anni e per lui Parigi rappresenta l'arido approdo di un viaggio che dalla Tunisia l'ha portato fin lì. Porta con sé uno zaino carico di desideri e sogni, vuole diventare scrittore e raccontare lasua terra, i suoi profumi, le immagini che continuamente si susseguono nella sua mente. Un giorno, lo sguardo di Sami incrocia quello di Nicola per un attimo: è sufficiente per innescare il cambiamento. Lo sguardo diventa parola e i due trascorrono qualche giorno insieme, esplorando la capitale francese. Poi Nicola torna a casa e Sami riprende la sua routine. Tuttavia il loro incontro si perpetua attraverso uno scambio di lettere, che continua per alcunimesi. Improvvisamente le missive si interrompono. Il giovane italiano pian piano smette di pensare all’amico incontrato a Parigi, ma conserva le lettere, portandole con sé in ogni trasloco e in ogni nuova fase della sua vita. Passano venticinque anni e un giorno Nicola ritrova le lettere tra le mani e le rilegge. Con la sensibilità maturata neltempo, quella di uomo di teatro - attore, autore e regista - comprende che in esse è racchiuso un tesoro di umanità e decide di dar loro nuova vita. Nasce così “Christophe o il posto dell'elemosina”, il testo scritto, diretto einterpretato da Nicola Russo.

Il suo spettacolo è stato estremamente coinvolgente perché racconta in modo unico l’esperienza di clandestino, l’arte dell'elemosina, la capacità di osservare il mondo, la solitudine e la dignità di una scelta di vita. In un'epoca in cui i clandestini sono spesso considerati come una massa senza identità, questo lavoro narra il mondo interiore diuno di loro, di un poeta che, attraverso le sue lettere, ha oltrepassato una frontiera che lui stesso non avrebbe potutoattraversare e ha lasciato una traccia dei suoi pensieri più intimi.

L’attore immagina che sia Cristophe stesso a raccontare la sua storia al pubblico, svelando la sua vita da sans-papiers, descrivendo le strade e il calore di una città, Parigi, che per anni lo ha accolto e che, a causa della mancanza di un permesso di soggiorno, è stata il suo unico orizzonte.

È un'opera da non perdere perché affronta temi profondi come la libertà e il riscatto, la solitudine e il dialogo. Il protagonista della storia affronta il suo disagio interiore con una profondità umana e psicologica che colpisce.Questo spettacolo rompe gli stereotipi di coloro che confondono la povertà economica con quella morale, restituendo identità e colore alla massa di diseredati, clandestini ed emarginati. Questi personaggi, che rappresentano un orizzonte indistinto, entrano nella nostra quotidianità con discrezione, sconvolgendo ed emozionando.

Non a caso, lo spettacolo è stato premiato con il premio “Le Cure” della Caritas Ambrosiana, c  h  e ha riconosciuto l’originalità del testo che affronta la solitudine con strumenti umanamente splendidi, come il palco e le invenzionidi un attore alla ricerca di se stesso.

Immagine che contiene testo, lettera, carta, Prodotto di carta  Descrizione generata automaticamente

“Christophe” è una storia che lascia un’impressione profonda e invita alla riflessione sulla condizione umana.

 

Intervista a Nicola Russo

Qual è stato il punto di partenza del tuo spettacolo?

La mia intenzione era rappresentare un punto di vita personale sulla mia esperienza con un senzatetto, anziché raccontare la storia generale di un senzatetto. Ho creato la storia combinando i miei ricordi e le fonti che ho reinterpretato.

Hai inventato tu il finale della storia?

Per quanto riguarda la fine della storia purtroppo ho dovuto inventarla, perché non conoscevo realmente come si concluse nel 1995. Ho pensato che fosse successo qualcosa di simile all’arresto o allo sgombero di clandestini da parte della polizia visto che Sami smise di scrivermi.

Come hai fatto a fidarti di un clandestino? Hai avuto paura?

Quanto al fidarmi di un clandestino e alla paura, devo dirvi che in quel momento non ho avuto paura perché ero inconsapevole e non avevo proprio considerato la questione della paura. Nella giovinezza c’è spesso una sana dose di incoscienza. In quel periodo, infatti, non sentii paura, ma adesso c’è una parte di me che direbbe di aspettare e di essere cauto riguardo a una persona sconosciuta. I miei genitori erano permissivi e mi hanno dato molte libertà.

C’è qualcosa che cambieresti nel tuo spettacolo?

Nel mio spettacolo teatrale, ogni sera è diversa perché ci sono rumori diversi, persone diverse sedute e una serie di elementi imprevedibili che rendono ogni esperienza unica. Nell’ultimo spettacolo ho avuto la necessità di utilizzare una stampella per un problema fisico, alla fine ho deciso di lasciarla come elemento nel mio spettacolo perché l’ho trovata adatta a quello che volevo interpretare. Diciamo che amo cambiare ogni volta.

C’è qualche personaggio che aggiungeresti nel tuo spettacolo?

Diciamo che non aggiungerei altre persone al mio spettacolo, ma il mio cane sì, anche se so che potrebbe essere illegale per questioni igieniche e di sicurezza. Comprendo che ciò potrebbe creare complicazioni per gli spettatori che hanno paura dei cani.

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