Fast Fashion: la sostenibilità di una moda che costa poco

a cura di Ludovica Berna, Anna Maria Gaina, Giulia Mazza 3A

Quando si parla di fast fashion ci si riferisce alle aziende di abbigliamento che producono capi a basso prezzo e di tendenza. A partire dagli anni ‘90, la fast fashion ha conosciuto un enorme successo, tuttavia col tempo sono aumentate sempre di più le critiche, poiché il suo modello di business contraddice i principi dell'economia circolare e sostenibile indicati dall'Agenda 2030.  

 

La fast fashion va contro l'obiettivo 8, lavoro dignitoso e crescita economica; il numero 12, consumo e pruzione responsabili; il 13, agire per il clima; il 14 e il 15, la vita sull'acqua e sulla terra. 

I pilastri fondamentali di questo nuovo modo di fare moda sono due: la “rapidità”, cioè produrre in poco tempo un gran numero di capi che ogni settimana arrivano nei negozi e il “prezzo basso”, attraverso l’ottimizzazione di ogni segmento produttivo.  

La ricerca di costi bassi realizzata spostando la produzione verso paesi in cui i diritti dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro e i vincoli ambientali sono inesistenti o aggirabili e la sovrapproduzione e il sovraconsumo (un consumo usa e getta, perché i capi hanno un ciclo di vita breve per la scarsa qualità dei materiali) sono solo alcune delle innumerevoli conseguenze negative della fast fashion 

Il punto più problematico è, però, il suo impatto ambientale, dal momento che è tra i settori più inquinanti: esiste una grande quantità di capi invenduti che vengono eliminati semplicemente bruciandoli, d’altro canto il sovraconsumo ha portato al raddoppio dei rifiuti tessili. Inoltre la fast fashion è responsabile del 20% dell'inquinamento idrico che deriva dalla tintura e dal trattamento dei tessuti e del 35% delle microplastiche che finiscono nei mari e negli oceani.

Per cambiare le cose bisognerebbe perciò passare a un’economia definita dalle 3R: “ridurre”, “riutilizzare”, “riciclare”. 

Negli ultimi anni sono sempre di più i siti che puntano sul “Riutilizzare”: uno su tutti è Vinted. 

Si tratta di una piattaforma lituana per comprare e vendere oggetti di seconda mano, creata nel 2008 da Milda Mitkute e Justas Janauskas. Tutto nasce dall’idea di aiutare Milda, attraverso un sito, a regalare agli amici i vestiti che non metteva più. 

 Aprendo l’app l’utente/venditore trova una schermata su cui può caricare il prodotto, aggiungere delle foto, inserire titolo e descrizione e aggiungere altri dettagli ed è poi possibile indicare il prezzo. 

Il successo di Vinted si basa sulla semplicità dell'utilizzo dell'app, sia per i venditori che per gli acquirenti. È possibile rinnovare il proprio guardaroba, ridurre lo spreco di rifiuti e risparmiare, tutto ciò comodamente da casa.

In conclusione, Vinted offre un modo ecologico e sostenibile per combattere gli effetti negativi della fast fashion e per contribuire a ridurre l'impatto ambientale dovuto alla moda.