25 aprile

Senza memoria non ci può essere futuro

di Nicole Raccah, 4R

Il 25 aprile è stato il 79° Anniversario della Liberazione italiana. Una data fondamentale nel percorso di costruzione del nostro paese in quanto repubblica, una giornata che ha segnato il passaggio da una condizione di dipendenza da un regime totalitario ad uno Stato basato su una costituzione fondata sui valori di democrazia e libertà. 

Questa data assume, inoltre, un secondo valore importante, in quanto è considerata anche l’Anniversario della Resistenza, per ricordare tutti i giovani che hanno contribuito dal 1943 alla liberazione dell’Italia. Sicuramente non è possibile affermare che un processo tanto complesso sia avvenuto in un giorno, ma la data scelta, seppur riassuntiva e simbolica, ha un significato importante: proprio il 25 aprile partì l’appello per l’insurrezione armata della città di Milano, sede del comando partigiano.  

In questa giornata, le parole scelte dal Capo dello Stato Sergio Mattarella sono quelle che meglio esprimono il senso della ricorrenza nazionale; egli, infatti, afferma che la resistenza è una necessità e che senza memoria non ci può essere futuro.  

 

Scrive Maurizio Molinari su “La Repubblica”: “ciò che distingue le democrazie dai dispotismi è la capacità di garantire i diritti di tutti gli abitanti, senza eccezioni, proteggendoli da ogni pericolo”. 

È quindi quasi inevitabile operare un confronto tra i nostri giorni e quelli precedenti alla liberazione. In un’epoca di social media e di telecomunicazioni, che permettono la diffusione quasi istantanea di notizie, ma soprattutto la possibilità di condividere la propria opinione in modo rapido ed impattante, è forse impossibile mettersi nei panni di tutti coloro che hanno lottato proprio per garantire questa libertà di espressione.  

Forse studiare la Seconda Guerra Mondiale e i regimi totalitari dai libri, senza immedesimarsi nella situazione, non trasmette a pieno le conseguenze di essi ed in questo senso diventa evidente il motivo per cui spesso i partigiani erano giovani ragazzi. Riusciremmo noi oggi a non esprimere la nostra opinione? Riusciremmo a sottostare a ciò che ci viene imposto?  

In un mondo interconnesso come quello odierno diventa quasi impensabile seguire ciecamente un’ideologia, poiché, in un modo che sfugge al nostro controllo, ognuno è costantemente circondato da opinioni e notizie che viaggiano nel web a velocità disarmanti. 

La giornata del 25 aprile si carica quindi di un profondo significato quanto mai moderno. Non è una ricorrenza politica che ha visto solo un ribaltamento del potere, è il passaggio alla libertà in ogni suo senso, a partire da quella di parola.  

A distanza di 79 anni siamo ancora qui a celebrare questa data proprio perché il paragone con gli anni passati suona oggi quanto mai evidente, come ci comporteremmo noi oggi se fossimo impossibilitati ad esprimerci? 

Per meglio comprendere il perché del 25 aprile, ci sono infiniti titoli, proprio perché conclusa la guerra sono stati innumerevoli gli autori che hanno sentito il bisogno di esprimere loro stessi, in un modo che fino a quel momento gli era stato negato. 

Da “Il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino fino ai capolavori di Beppe Fenoglio, tra cui “Partigiano Johnny” e “Una questione privata”, sono innumerevoli i titoli che si potrebbero citare come testimonianze della condizione dell’Italia sottomessa a leggi che limitavano in ogni campo i singoli. Romanzi, questi, che offrono visioni, seppur diverse, fondamentali per comprendere la base della nostra costituzione. 

 

La prossima volta che prenderemo in mano il telefono per condividere un nostro pensiero, dunque, ragioniamo sul fatto che abbiamo la possibilità di farlo proprio grazie a quel non poi così lontano 25 aprile.  

 

Qui 

vivono per sempre 

gli occhi che furono chiusi alla luce 

perché tutti 

li avessero aperti 

per sempre 

alla luce 

(Giuseppe Ungaretti, Per i morti della Resistenza)