Rubrica: una prospettiva inconsueta

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Wilhelm Gerace e L’isola, tra fantasia e realtà

a cura di Giulia Cundari, Liceo Mameli

Tutto quello che appartiene o circonda Arturo Gerace, il protagonista, è regale. Sopra di lui vi è solo il padre.

Idolo irraggiungibile, numinoso, dai cenni e umori sovrani, la vichinga immagine paterna: Wilhelm Gerace, fazzoletto a fiorami annodato intorno al collo, camiciola aperta sul petto, eterni pantaloni scoloriti e pieni di sole. Parte e arriva sempre inatteso, divinità distratta e corrucciata, un corsaro del Nord, misterioso e amato. Di certo Wilhelm è il personaggio più emblematico del romanzo, figura cardine per la crescita di Arturo.

All’inizio conosciamo Wilhelm tramite il figlio devoto, che racconta di un padre leggendario, mistificato; Wilhelm suscita in Arturo una giovanile curiosità grazie alle sue avventure, viaggia insieme ai suoi prodi in lungo e in largo, come un eroe greco.

Ma la Morante lascia indizi in tutto il libro per far capire al lettore quanto Arturo sia un narratore inaffidabile, a partire dal rapporto morboso che il padre intratteneva con Romeo l’Amalfinato: “Secondo me, tu, Wilhelm mio, sei nato col destino più dolce e col destino più amaro: tu sei l’ape e sei la rosa.”

Ma anche tramite le parole dello stesso Wilhelm avremmo dovuto capire, noi come Arturo, la verità:

“Io sono uno scandalo! Eh, non sarà a te, nennella, che dovrò render conto delle mie fantasie!”.

Un crescendo di indizi che si sciolgono nel settimo capitolo, la terra murata, in cui scopriamo che Wilhelm è innamorato di un uomo che non solo non ricambia il suo amore, ma lo sdegna anche. Il giovane lo chiama Parodia. Usa i suoi soldi, lo sfrutta apertamente e lo infama, sputa parole e allusioni che distruggono definitivamente l’immagine che Arturo aveva del padre.

I viaggi fantastici, tanto sognati da Arturo, si scoprono essere soggiorni a Napoli, in cui il padre (così allude l’amato) incontra altri giovani uomini. Wilhelm non è venerato da tutti, è un omosessuale, un reietto, e Arturo lo vede "ripudiato come l’ultimo servo."
Non è più un eroe, tantomeno un Dio, ma diventa agli occhi di Arturo tragicamente umano, tanto che si sorprende ad avere compassione per il padre. Un padre che perde la propria vitalità come un palloncino sgonfio, nel momento in cui il figlio cessa di guardarlo con gli occhi della favola e lo osserva per la prima volta come una figura reale, vulnerabile, piena di contraddizioni, sconfitta.
Un padre che smette di essere adorato ed inizia ad essere amato per quello che è. Arturo che finalmente conosce Wilhelm, e lo accetta come essere umano, lo tratta come tale. Il padre che prima era eterno, imbattibile, ora viene immaginato in età avanzata: "Non importa, anche se sei vecchio. Per me, tu resterai sempre il più bello".